mercoledì 9 agosto 2023

Guerra Russia Ucraina: pericolo mondiale? di MalKo...

 


La Russia ha invaso l’Ucraina il 24 febbraio del 2022. Ne è scaturita una guerra che sta distruggendo metodicamente l’Ucraina, con l’orso russo che non nasconde le sue mire espansionistiche su quella parte di terra che dice che gli appartiene. Il misfatto ha consolidato i paesi occidentali, in tutti i casi senza unanimità di consensi. Il conflitto alberga molto vicino alla casa europea, quindi tutti auspicano la cessazione delle ostilità, anche se l’arma per raggiungere l’ambito risultato dovrebbe essere la rinuncia da parte degli ucraini di qualsiasi rivendicazione territoriale sui territori fagocitati inopinatamente da Putin. I pacifisti dicono che sono pronti a sopportare questa condizione gradita agli assalitori: agli assaliti un po’ meno.

Sui media vengono diffusi, da una parte e dall’altra, filmati che attestano la conquista o la resistenza, così come la cattura o la morte dei soldati di entrambi gli schieramenti. Non pochi sono quelli che plaudono ai successi bellici dell’ucraini e meno a quelli russi. In realtà la tristezza delle immagini che ci raggiungono generano sentimenti controversi di angoscia e di pietà a prescindere dalla bandiera. Purtuttavia una differenza c’è: gli ucraini hanno una forte motivazione patriottica per morire, i russi no. Quindi, l’orrore della morte risulta più pesante per i soldati della federazione capitanati da Putin. Le giovani vite russe, a volte mischiate a galeotti e mercenari sanguinari che combattono e muoiono per una causa stolta, generano costernazione e profondo dolore, a prescindere dalle decorazioni che vengono distribuite a manica larga, e che un domani non è escluso che dovranno essere nascoste al pubblico perché contraddistingueranno la partecipazione a una campagna militare scellerata.

Un’aggressione quella russa, figlia di una impacciata grandeur simil imperiale, assolutamente anacronistica in un puzzle europeo, incrociando le dita, fino a ieri sufficientemente pacificato. Orribili pure le vendette sulle popolazioni inermi, costrette a subire violenze per non aver voluto lasciare quel poco che avevano nella grande pianura ucraina. Massacri e distruzioni massive e fosse comuni infatti, costeggiano le zone rurali ucraine, comprovando l’inutile banalità del male.

L’ex agente segreto barricato al Cremlino, oggi capo indiscusso, agita periodicamente e con nonchalance lo spettro del nucleare soprattutto per tenere a bada la Nato e quei paesi che temono una sua vittoria nel conflitto in corso, e che per questo provano a intervenire cedendo armi e monete ma senza mettere gli scarponi nel fango delle trincee. L’improvvido zar del XXI secolo, ha fatto occupare militarmente la centrale nucleare di Zaporizhzhya (Ucraina), forse minandola preventivamente, facendola così diventare una potenzialità dissuasiva per il mondo intero: le particelle radioattive infatti, come la cenere vulcanica, sono preda dei venti e non si fermano ai confini amministrativi.

Dal canto suo l'ex presidente russo Dmitry Medvedev, oggi nel ruolo di un malefico Rasputin, ha lasciato intendere la possibilità che Mosca utilizzi le armi nucleari, se l’esercito di Kiev non si lascerà sopraffare. Della serie: o vinciamo o vinciamo per forza. Come se non bastasse, Putin ha ingaggiato una guerra del grano per esacerbare gli animi mondiali, soprattutto di quella parte di popolazione che affolla il sud del mondo, e che per questa necessità primaria e in assenza di accordi, sarà costretta a barcamenarsi tra le diplomazie mondiali e ad emigrare per sopravvivere. L’impero della stella rossa vuole il monopolio del grano: un obiettivo che tenta di raggiungere ostacolando il suo diretto competitor, l’Ucraina, attraverso il martellamento a missili di porti e ferrovie e silos. Questi ultimi tentano di rendere pan per focaccia disturbando il traffico marittimo nel mar Nero.

Il dibattito nel nostro Paese verte sulla posizione atlantista dell’Italia, giudicata dai detrattori politici come eccessivamente asservita all’America, con qualche giornale che assicura che le posizioni governative sono dettate dall’agenda americana piuttosto che da un convinto ed equidistante posizionamento strategico sul conflitto in corso. Nessuno si sofferma sulla constatazione che non avendo armi nucleari, dobbiamo giocoforza usufruire dell’ombrello atomico altrui per difenderci da minacce globali. Sia sempre da monito il famoso concetto racchiuso nella espressione di Plauto: homo homini lupus, che avrebbe definito il guerreggiare attuale come la guerra degli asini. Del resto, a fronte di certi personaggi, sventolare diritti e costituzione e giustizia serve al “resto di niente”, tanto per rimanere nel solco delle citazioni…

La quantità di testate nucleari in possesso di Stati Uniti e Russia, è numericamente sufficiente per annichilire l’esistenza umana sul Pianeta. D’altro canto, il deterrente nucleare ha la caratteristica di dover essere per forza di cose di pronto impiego operativo, tant’è che c’è sempre il dilemma per i meglio armati, se procedere nei momenti di crisi ad attacchi che anticipino l’azione offensiva del nemico, o cogliere coi satelliti il preriscaldamento dei missili intercontinentali dell'avversario per reagire tempestivamente scatenando l’apocalisse. Da qui il concetto che difficilmente una guerra nucleare potrà prevedere un vincitore, per la quasi simultaneità delle azioni di attacco e di contrattacco, con i sommergibili di entrambi gli schieramenti pronti a lanciare missili senza offrire posizione predeterminata.

L’utilizzo dell’arma atomica ha l’orrido presupposto che si annientano eserciti, ma anche popolazioni inermi, incolpevoli, a volte inconsapevoli, e loro malgrado trascinate nel disastro termonucleare o in quello neutronico dove le cose lontane dal centro esplosivo rimangono intatte e a perire è solo il DNA della materia vivente.

Occorrerebbe un movimento mondiale che allarghi di molto la lotta ai cambiamenti climatici, comprendendo nel paniere ideologico del sopravvivere anche le variazioni climatiche dettabili dall’utilizzo delle super armi atomiche, soprattutto se queste sono assoggettate a propaganda politica e peggio ancora religiosa.

Fanno ridere le grandi super potenze quando vantano con l’armadio pieno di testate nucleari, tra cui spiccano la bomba zar e magari a voler dare un nome all’ordigno dell’antagonista, quella Lincoln, di aver messo al bando armi chimiche e batteriologiche e bombe a grappoli e mine antiuomo considerate amorali. I cinque membri permanenti dell’ONU con diritto di veto saranno pure le nazioni uscite vincitrici dalla seconda guerra mondiale, ma in realtà sono quelle meglio armate, cioè quelle provviste di grandi quantitativi di testate atomiche. È questo potenziale distruttivo che ha portate allo scranno ONU più alto i cinque cavalieri dello zodiaco? O la loro superiorità è da ricercarsi ed ascriversi esclusivamente alla collaudata moralità e saggezza che li contraddistingue, o magari nelle radicate logiche dell'uguaglianza e dei diritti dell'uomo di cui si fanno specchiati portatori?  La politica mondiale oggi nasce da questi stati che si auto applicano il veto quando gli conviene. Occorrerebbe cambiare le regole per recuperare un briciolo di credibilità mondiale e di giustizia a tutti i livelli.

Gli ordigni termonucleari dicevamo sono capaci di generare catastrofi planetarie e con esse inverni nucleari che durerebbero a lungo causando estinzioni di massa della maggior parte degli esseri viventi. Queste armi così potenti, stranamente, potrebbero avere un senso per la difesa estrema da grandi meteoroidi o da asteroidi, qualora si presentasse la necessità di frantumare o deviare i pericolosi corpi celesti che hanno la caratteristica di essere una minaccia per l’intero globo terrestre e senza alcuna differenziazione circa la posizione geografica degli esposti.  Russia e America potrebbero essere chiamate alla cooperazione mondiale in caso di minaccia cosmica, non solo per il loro arsenale atomico, ma anche per la loro collaudata esperienza spaziale. Paradosso dei paradossi o ironia della sorte, una tale eventualità catastrofica potrebbe ricompattare moralmente l’umanità. Il pericolo globale proveniente dall’esterno sarebbe la più grande arma per mettere insieme potenze e superpotenze rissaiole, che si troverebbero di fronte a tematiche di resilienza terrestre estrema e indifferibile, tanto da costringerle a scendere precipitosamente dal loro scranno atomico, senz’altro promotore di supponenza.

La nostra convinzione è che finché esisteranno divari economici tra i popoli, difficilmente si raggiungerà una pace mondiale; e quindi, senza un livellamento delle condizioni di vita, con accesso al cibo e all’acqua e all’energia e alla salute e all’istruzione a favore di ogni singolo individuo portatore di diritti senza alcuna esclusione, le guerre o anche gli esodi incontrollabili saranno una costante dei nostri tempi e in quelli a venire. Se riusciremo ad arrivare in futuro a un giusto equilibrio tra risorse e diritti, sarà più facile abbattere i muri, quei confini anche fisici che separano le comunità in lotta che troveranno benefici nella pace e nella pacifica convivenza. Israele per dirne una, porrà fine alle armi quando abbatterà i muri che la separano dai palestinesi, perché a quel punto toglierebbe ai “ribelli” il motivo del contendere semplicemente condividendo suolo e risorse: si darebbe così corso alla cosiddetta integrazione dei popoli. Alla base di ogni prospettiva di pace c’è la democrazia, che non sarà il bene assoluto, ma un buon inizio per la civiltà dei diritti dell’uomo, quale viatico ineludibile per qualsiasi forma di governo visionario: I have a dream, gridava il reverendo Martin Luther King davanti al memoriale Lincoln, cinque anni prima di essere assassinato… Ma non è detto che la speranza, il sogno, debba avere sempre un tale funesto epilogo.

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