“17 aprile 2016: referendum sulle trivelle marine costiere…”
di MalKo
Da qualche anno l'eldorado energetico italiano sembra svilupparsi attraverso le trivellazioni in mare e in terra alla ricerca di idrocarburi, secondo regole e schemi che ricordano la deregulation. Ne abbiamo già parlato trattando il geotermico, a iniziare dalle ipotesi di trapanare e sfruttare le acque calde insite nei contrafforti del vulcano Marsili, lì nelle profondità tirreniche, nonostante il pericolo tsunami dettato dai versanti franosi e scoscesi dell’imponente seamount. Il progetto in assenza di chiarimenti è stato respinto…
Poi è saltato fuori il Deep Drilling Project, un progetto internazionale di trivellazione profonda in area calderica metropolitana (Campi Flegrei - Bagnoli), dal doppio utilizzo, scientifico e prospettico sul geotermico. Tra proteste e dubbi sulla sicurezza, lo scalpello litosferico si è fermata a 500 metri di profondità contro i 4000 previsti.
Subito dopo ci siamo dovuti interessare ancora dei Campi Flegrei e poi Ischia, perché su questi suoli ballerini ancorché vulcanici, i progetti di geotermia presentati al Ministero dell’Ambiente per le necessarie autorizzazioni (VIA), sono ben tre: Cuma, Scarfoglio e Serrara Fontana.
Il progetto Cuma è stato fortunatamente archiviato a tutto vantaggio dei luoghi archeologici dominio indiscusso della famosa Sibilla Cumana, mentre Scarfoglio e Serrara Fontana sono ancora in una fase di valutazione ministeriale. Teoricamente dovrebbero essere destinatari di una decisione negativa perché entrambe le progettazioni comportano la trivellazioni di suoli vulcanici pregni di fluidi e vapori caldi. Nella zona di Scarfoglio, corrispondente alla parte orientale della Solfatara di Pozzuoli, grava anche il bradisismo e una spiccata fenomenologia di vulcanesimo. Nella zona ischitana di Serrara Fontana invece, il sottosuolo è ancora un’incognita, con manifestazioni superficiali di acqua calde minerali particolarmente gradite e sfruttate dalle locali strutture termali della vicina municipalità di Forio, le cui maestranze temono modificazioni della circolazione delle acque termali a causa delle paventate perforazioni. In tutti i casi comunque, le strategie operative delle centrali prevedono la reiniezione dei fluidi prelevati direttamente nel sottosuolo, in modo da ridurre le ipotesi di inquinamento dovute alle acque calde profonde per niente innocue dal punto di vista della nocività, anche se tale tecnica potrebbe essere portatrice di sismicità indotta.
Il problema delle trivellazione sembra contraddistinguere gli ultimi anni della politica italiana, particolarmente sbilanciata sul bigliettone verde, le banche e il business… Eppure non è difficile capire che l’uomo ha bisogna di aria, acqua e suolo: i suoi elementi naturali, quelli che gli hanno dato la vita e di cui ha bisogno per vivere. Sembrerà strano, ma le trivellazioni cozzano e incidono in termini ambientali proprio sull’aria, sull’acqua e i suoli…
Queste modeste risorse di gas e petrolio che abbiamo nel nostro sottosuolo, sia in mare che in terra, e che non ci sconvolgono l'esistenza, converrebbe forse lasciarle esattamente dove sono, e garantirci un potenziale strategico per noi o meglio ancora per le generazioni future che magari vi accederebbero all’occorrenza con tecnologie maggiormente garantiste per l'ambiente, soprattutto in un momento di penuria mondiale dei combustibili fossili qualora non avessimo raggiunto l’indipendenza energetica con risorse diverse e meno inquinanti.
Le perforazioni contengono non pochi elementi di rischio perché avvengono in un ambiente, la crosta terrestre, non particolarmente noto o facilmente sondabile. Oggi, con le quantità di petrolio e gas che si immettono sul mercato, non riusciamo a giustificare interamente l'accettazione del rischio trivellazione, almeno in determinati luoghi, come il mare, soprattutto se trattasi di mari chiusi come il Mediterraneo.
Ve la immaginate una fuoriuscita di greggio con chiazze spinte dai venti meridionali in direzione di Venezia? Il mare nel suo insieme non ha linee di demarcazioni o barriere fisiche, e i venti spirano e muovono tutto ciò che galleggia... Da qui la necessità di una grande conferenza dei Paesi che affacciano sul Mediterraneo. Dalla salvaguardia del mare nostrum infatti, dipende più che mai la nostra e l'altrui qualità della vita...
Il referendum che riguarda le attività di trivellazione in mare, all’interno delle 12 miglia marine dalla costa, non è il massimo sull’argomento in termini di autodeterminazione di un popolo, ma è comunque un inizio interessante soprattutto per il coinvolgimento di non poche amministrazioni regionali.
Il referendum che riguarda le attività di trivellazione in mare, all’interno delle 12 miglia marine dalla costa, non è il massimo sull’argomento in termini di autodeterminazione di un popolo, ma è comunque un inizio interessante soprattutto per il coinvolgimento di non poche amministrazioni regionali.
Il quesito riguarda l’abrogazione della norma introdotta con l'ultima legge di stabilità, che consente alle società petrolifere già titolari di concessioni estrattive (non se ne rilasciano di nuove), di emungere idrocarburi all’interno delle acque territoriali senza limiti di durata che possono così protrarsi fino all’esaurimento del giacimento.
Il quesito proposto dal referendum popolare riguarda appunto quest’ultimo aspetto, cioè viene chiesto al cittadino se vuole che le estrazioni di idrocarburi entro le 12 miglia dalla costa debbano terminare alla data di scadenza della concessione o possono continuare fino all’esaurimento del giacimento.
Praticamente vota Sì chi vuole che si sbaracchino le piattaforme alla data di scadenza della concessione. Voterà No chi vuole che l’estrazione di idrocarburi continui fino a quando non si esaurisca la vena produttiva di gas e petrolio dal sottosuolo marino senza scadenze prefissate.
Per quanto ci riguarda ci vien da dire immediatamente che se l’ambiente avesse avuto un peso diverso con una netta separazione dall'affarismo economico che sembra la regola che fa girare il mondo, non si sarebbero mai consentite la trivellazione entro le 12 miglia dalla costa. Di conseguenza, riteniamo doveroso che le piattaforma che già operano all’interno delle acque territoriali, allo scadere della licenza estrattiva salpino le ancore e vadano via, perché prima ancora della salvaguardia dei posti di lavoro occorre salvaguardare la salute umana e l’ambiente in cui viviamo perché non ne abbiamo altri.
Il problema attuale che riguarda le popolazioni del bacino Mediterraneo è proprio quello delle trivellazioni, perché il rischio inquinamento è insito in quest'attività, in quanto si andrebbe a bucare il sottosuolo con tutte le sue incognite, in un contesto marino non oceanico che riesce a rimescolare a stento le sue acque dallo stretto di Gibilterra in tempi secolari.
Il capitano Jacques Yves Cousteau, esploratore e navigatore e oceanografo e grande regista di documentari sul mondo sommerso, diceva sempre che il Mediterraneo bisogna custodirlo per bene, perché ha una spiccata fragilità ecologica. E’ un mare chiuso dicevamo, anche se su queste acque ha navigato la civiltà del mondo.
Al referendum popolare bisogna intanto partecipare perché è democrazia diretta a cui non possiamo rinunciare soprattutto in questo momento particolare dove la nostra governement tra lobby e furbetti risulta particolarmente opaca. Non abbiamo un altro Mediterraneo: il mare è di tutti e quindi tutti hanno l’obbligo morale di custodirlo, in questo caso attraverso una forma di pubblica partecipazione che si chiama referendum. Subito dopo bisognerebbe aprire un grande dibattito politico che metta al centro la custodia dell’ambiente profilando poi al popolo sovrano di quale energia abbiamo bisogno per ridurre un inquinamento che ci dicono mondiale. Venga allora fatto un piano energetico a medio e lungo termine e lo si pubblicizzi...
Noi siamo convinti che bisogna votare sì soprattutto perché il problema trivelle è delicato, molto delicato e dicevamo di alta politica che non c'è… togliendo le trivelle entro la fascia delle 12 miglia dalla costa, tra l'altro non abbiamo rimosso il rischio inquinamento, abbiamo semplicemente creato una no triv zone futura, confinante con altre fasce in mare e in terra dove le trivelle in assenza di una diversa legiferazione e visione del mondo, popoleranno tutti gli ambienti marini o terrestri che siano, ghiacci polari compresi. Se tu non decidi…decideranno altri al tuo posto…
la Nuova Zelanda proibisce le trivellazioni in mare
RispondiEliminahttps://www.pressenza.com/it/2018/04/la-nuova-zelanda-vieta-le-trivellazioni-offshore/